Da quando si rifiutò di creare torte per le cosiddette “nozze gay” Jack Phillips è diventato il bersaglio di chi odia la libertà di coscienza: il pasticcere non ha mai negato dolci alle persone ma non vuole celebrare idee in cui non crede. Sebbene fu assolto nel 2018 dalla Corte Suprema, è stato denunciato anche da un uomo che si definisce donna.
Jameela Jamil ha parlato dell’omicidio in grembo come della “scelta migliore della mia vita”. A pensarla così sono diverse celebrità che ipotizzano carrirere altrimenti interrotte o vite rovinate. Ma una senatrice della Sud Carolina, Melissa Oremus, ha ricordato la povertà in cui viveva quando a 16 anni rimase incinta: “Mi sono rimboccata le maniche, così oggi sono qui e ho pure una figlia meravigliosa”. Lo Stato ha poi vietato l’aborto oltre la sesta settimana ma i giornali danno voce solo agli sponsor della morte.
Domenica 7 febbraio la “nuova gestione” dell’Istituto Giovanni Paolo II su matrimonio e famiglia ha celebrato la Giornata della Vita con una trasmissione tv su Legge 194 e aborto dall’esito sconcertante: si rivaluta la 194 mentre la testimonianza drammatica di una donna sopravvissuta all’aborto rischia di diventare un boomerang.
di Riccardo Cascioli (08-02-2021)
Due settimane fa avevamo chiesto che al Pontificio Istituto Teologico per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia venisse tolto il nome di Giovanni Paolo II, visti gli scivoloni compiuti e le tesi che vanno per la maggiore in quell’istituto a cui la gestione Paglia (il vescovo Vincenzo) ha letteralmente cambiato il DNA.
L’ultimo episodio che ha per protagonista l’istituto ci conferma ancor di più nella richiesta, e nella sua urgenza: è successo che domenica 7 febbraio, in occasione della Giornata per la Vita, sul sito e sul canale Youtube dell’Istituto sia andata in onda una trasmissione dedicata proprio al tema dell’aborto, dal risultato sconcertante. Nell’ideazione e nel contenuto si rivela lo stato di confusione (ad essere buoni) che regna in parte del mondo cattolico sia a proposito dell’aborto in sé sia riguardo alla Legge 194 del 1978 che l’ha introdotto in Italia. Due i momenti della trasmissione: l’intervista a don Pier Davide Guenzi, ordinario di Teologia morale del matrimonio e della famiglia all’Istituto Giovanni Paolo II, e la testimonianza di Loredana Franza, una donna sopravvissuta all’aborto.
Approfondiamo a parte i due momenti del programma (per la gravità delle cose dette) ma va rilevato anzitutto che quanto è andato in onda è lontano mille miglia dalla consapevolezza dell’importanza e della gravità del tema della vita e della famiglia, che aveva spinto san Giovanni Paolo II a creare questo istituto così come a prendere diverse altre iniziative.
La voglia di dialogo, che è il mantra della nuova gestione dell’istituto, porta a una drammatica ambiguità nel trattare il tema dell’aborto e della Legge 194, che erano specificamente i temi dell’intervista a don Guenzi. E impedisce di capire cosa significhi davvero un aborto, dando voce a una esperienza drammatica che può essere facilmente strumentalizzata da chi vuole il diritto all’aborto.
Si insiste nella favoletta delle “buone intenzioni” della 194, rovinata dalle cattive applicazioni; e quindi l’accento va posto sulla «sensibilizzazione sul tema della vita piuttosto che sul giudizio negativo di una legge»: ce lo conferma Arnaldo Casali – che raggiungiamo al telefono -, il giornalista conduttore della trasmissione e da poco meno di un anno responsabile della Comunicazione dell’Istituto. Scopo del programma «non era attaccare la 194 e neanche esaltarla, ma fare capire cosa veramente dice», insiste Casali, secondo cui dalla Legge 194 così come è scritta non discende alcun diritto all’aborto. Aborto che, peraltro, «c’era anche prima della Legge 194, ma che non era regolato». Inutile replicare che con la stessa logica andrebbero legalizzati anche l’omicidio e il furto.
Il problema è che tale pensiero non è soltanto di un giornalista, non si sa quanto competente in materia. È invece il sentire comune alla “nuova gestione” del GP2. È lo stesso Casali a confermarci che la trasmissione, anche se nata da una sua idea, è stata «preparata a lungo con alcuni docenti dell’Istituto, a cominciare dal professor Gilfredo Marengo», vice preside del GP2 e insegnante di Antropologia teologica. E anche la scelta di don Guenzi come interlocutore è stata ovviamente suggerita da chi di dovere. C’è dunque in questa proposta, evidente, il pensiero di chi guida l’Istituto, dimentico peraltro che la Giornata per la Vita è stata istituita dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) proprio all’indomani della promulgazione della Legge 194.
Non sappiamo invece se il vertice dell’Istituto per gli studi su Matrimonio e Famiglia, il cui preside è don Pierangelo Sequeri, condivida anche il successivo pensiero di Casali, vale a dire che la 194 sta all’aborto come la legittima difesa sta all’omicidio. Cioè, spiega Casali, «con la legittima difesa si uccide una persona senza per questo essere favorevoli alla legalizzazione dell’omicidio». Uccidere un bambino innocente nel grembo della madre avrebbe dunque lo stesso valore che sparare a un uomo che mi aggredisce per togliermi la vita. Un paragone che lascia senza parole.
Togliere il nome di san Giovanni Paolo II dall’intestazione dell’Istituto non sarebbe solo un atto di giustizia, ma anche un atto di carità nei confronti di persone che, evidentemente, non si rendono conto di quel che dicono.
Governo Conte alla caccia dei senatori che possono garantire la sopravvivenza del governo. E tra i disponibili ecco spuntare anche la cattolica Paola Binetti, una scelta incomprensibile se non come obbedienza al vertice della CEI che tanto si sta spendendo per sostenere il governo Conte.
Il tipico argomento di chi difende le censure di Twitter e Facebook, nei confronti di Trump, ma anche di milioni di altri ordinari utenti e ieri anche del quotidiano Libero: sono compagnie private, hanno il diritto di censurare chi vogliono dal sito di loro proprietà, se non ti piace vai su un altro social network. Ma se gli altri social vengono distrutti? E’ appena successo con Parler.
Nei giorni scorsi ha provocato reazioni l’articolo di Avvenire in cui si parla apertamente di “famiglie omogenitoriali”. Reazioni che non hanno ricevuto risposta né vedranno correzioni di rotta. La lobby gay infatti, che controlla il quotidiano dei vescovi, sta ora marciando con il vento in poppa. Ma non si dimentichi che la sua lunga marcia è iniziata molto tempo fa.
Un consiglio: se capitate dalle parti di piazza San Pietro, specie nelle ore notturne, evitate di avvicinarvi al presepe. Se poi avete con voi un bambino, impeditegli di guardare. Potrebbe restarne segnato. Quest’anno il presepe non è solo brutto: fa spavento. (A.M.V.)
Alberto Fernandez, “cattolico”, annuncia di dover approvare la legge sull’aborto: “Spero che papa Francesco non si arrabbi, ma devo risolvere un problema di salute pubblica”. Il trionfo del cattolicesimo “adulto”.
Il vescovo di Pinerolo ha tolto al suo popolo le Messe, ma in compenso ogni giorno tiene una trasmissione su Youtube dove si mostra a una tavola poco curata, riflesso della poca cura che mette nell’Eucarestia. E lì rivela i suoi problemi di fede: «Gesù ha preso il pane per significare la sua presenza», dice. Ma la Messa non produce un pane che significa la presenza di Cristo. Nella Messa, quel pane offerto sull’Altare, diventa Cristo, non è più pane.
I genitori di un istituto del Maryland insorgono contro la decisione di consentire che un’alunna venga chiamata al maschile. «Quando una femmina di essere un bambino in classe e non viene corretta — dicono — chi lo appoggia va contro la nostra fede».